lunedì 11 giugno 2007

mercoledì 6 giugno 2007


Memorie di una geishaDopo il successo di "Chicago", Rob Marshall torna sul grande schermo con "Memorie di una Geisha" dramma tratto dal best steller omonimo di Arthur Golden e prodotto, tra gli altri, da Steven Spielberg.Si racconta la storia della geisha Sayuri, rapita da bambina e costretta a lavorare come serva in una Okiya: la casa in cui vivono le geishe. Il suo spirito ribelle e il desiderio d'amore la porteranno a vivere intense emozioni e grandi dolori, in un periodo, gli anni '30, in cui l'esotico mondo fluttuante, straziato della guerra, cominciava a perdere le sue antiche tradizioni e ad aprirsi al mondo occidentale.In questa sua ultima fatica Marshall si è attorniato di esperti e studiosi della cultura giapponese, infatti le scenografie e i costumi, come pure le musiche risultano essere accurate ricostruzioni del recente passato nipponico, anche il cast è eccellente, formato per lo più da star internazionali come Ken Watanabe, Michelle Yeoh e Ziyi Zhang (viste entrambe ne "La tigre e il dragone") e la ormai celebre e pluripremiata Gong Li che interpreta magistralmente la geisha Hatsumomo, rivale di Sayuri, triste e rabbiosa schiava delle convenzioni.Questo film racchiude due temi fondamentali: l'arte e la tradizione delle geishe e il desiderio di vivere un amore impossibile della protagonista.Il film di Marshall per una serie di superficiali analogie riporta alla memoria due indimenticabili film precedenti: "Addio mia concubina" e "Lanterne rosse".Al primo si collega per l'ambientazione: gli attori dell'Opera cinese e del teatro Kabuki, come le geishe, erano costretti ad un durissimo apprendistato e ad una certa condotta, le loro figure erano strettamente legate alle più antiche tradizioni orientali e avevano una grandissima popolarità che spesso li portava in baratri di perdizione o solitudine.Richiama invece "Lanterne rosse" per il tema della donna costretta in un ruolo, che si affida a mezzucci e "intrighi di corte" per cavarsela meno peggio delle altre.Purtroppo "Memorie di una geisha" risulta essere una rielaborazione edulcorata e occidentalizzata di alcuni elementi dei film appena citati, a cui attinge ampiamente anche per iconografia e scelta degli attori (Gong Li è presente in tutti e tre i film). Tutto il pathos, il rigore, la spiritualità, i simbolismi di cui sono intrisi questi due film si perdono in un melodramma di oltre due ore: non si ha appieno il senso dell'antica cultura giapponese, né del reale travaglio interiore dei personaggi probabilmente perché le scelte registi che sono tipicamente americane, ogni elemento del film è al servizio della storia, tutto teso a far immedesimare ed emozionare lo spettatore, inoltre la sceneggiatura (anche se per ovvi motivi di lunghezza) nella seconda parte tende a sintetizzare una serie di eventi, come la guerra e lo svilimento di secolari tradizioni, trattandoli in maniera veloce ed approssimativa.Sarà proprio questo mix di amore, gelosia, intrighi, il finto esotismo e il consolatorio lieto fine a far amare al pubblico più romantico "Memorie di una geisha", come è successo per film come "L'ultimo samurai", "La tigre e il dragone" e i film fotocopia che lo seguirono in cui c'è l'occidentalizzazione (e forse banalizzazione) di forma e contenuto di una cultura molto diversa dalla nostra e complessa da capire.
La frase: "Non diventiamo geishe per perseguire il nostro destino, diventiamo geishe perché non abbiamo altra scelta!".

mercoledì 30 maggio 2007

Il mio miglior nemico

Tra le note di regia pubblicate sul pressbook che accompagna il suo nuovo film, leggiamo: "Vorrei che Il mio miglior nemico potesse essere considerato tra i migliori film di Carlo Verdone: sette stesure, praticamente un anno e tre mesi dedicati interamente al lavoro di scrittura, un copione di 130 scene. Non mi perdonerei di sbagliare un film costato così tanta fatica: ma non lo sbaglierò". In effetti dobbiamo concordare nel giudizio con il regista, che con questo film firma un road-movie dai toni tragi-comici, la cui struttura poggia sullo scontro/incontro tra due personaggi: Achille, un padre di famiglia che ha perso nel tempo il contatto coi propri cari, e Orfeo, un ragazzo che, convinto di aver subito un torto dal primo, decide di vendicarsi, rovinandogli l'esistenza. Se i loro nomi rimandano a gesta eroiche e ad amori intensi e disperati, le loro azioni sono invece sanguigne e pragmatiche. Quello di Carlo Verdone è un percorso artistico consolidato e contrassegnato da una vis comica, tesa a cogliere vizi e debolezze della società italiana. Una ricerca che, attraverso una filmografia ricca di successi e di qualche insuccesso, di cadute e repentine risalite, ha saputo confermare le insidie della temibile prova del tempo. Dei personaggi da lui inventati e interpretati, alcuni fanno ormai parte del patrimonio di una memoria collettiva e certe loro battute sono annoverate nei frasari della storia del cinema comico italiano. Le sue macchiette hanno lasciato gradatamente il posto a personaggi che hanno acquistato maggiore spessore: è questo senz'altro anche il caso dei protagonisti di quest'ultimo film, in cui Verdone divide oneri e onori con il giovane Silvio Muccino. Il ritmo è scorrevole, le sequenze fluiscono alternando una comicità mai volgare a momenti maggiormente riflessivi – forse soltanto con qualche indugio eccessivo verso la parte finale del film - e la trama, anche se non originale, funziona piuttosto bene. Con l'unica eccezione di una condivisione non sempre ben bilanciata sul piano recitativo, con picchi verso l'alto quando nelle scene è presente Verdone e con qualche vuoto di presenza – scusate il gioco di parole - in sua assenza.

Luca (Nicolas Vaporidis), ragazzo tanto bello quanto imbranato, è alle prese con una nuova storia d'amore. Incontra infatti Azzurra (Carolina Crescentini) una biologa marina estroversa e poco più grande di lui che lo trascina in pazze avventure metropolitane, fra cui gare a "tutti contro tutti" con i cuscini e danze nude nel centro di Roma. Un tira e molla romantico che lascia col fiato sospeso fino al finale. Ma anche a casa di Luca la situazione è complicata. Infatti suo padre Paolo (Giorgio Panariello) è un cialtrone matricolato, marito bugiardo e eternamente infantile. Suo figlio Luca dovrà tamponare i buffi guai che il genitore combina a ripetizione e fare "da padre a suo padre". A legare il tutto come sempre le avventure goliardiche e spensierate del gruppo di amici che stavolta si trova ad affrontare le prime complicate prove della vita. A risollevare il morale di Luca, ci pensa però una persona che per lui è uno sconosciuto, ossia Fabio Grosso. Egli infatti sarà determinante nella vittoria dei Mondiali di Calcio Germania 2006.

venerdì 4 maggio 2007

Ciao ragazzi,

sn Mariachiara è questo ke state visitando è il mio blog. Ho 15anni è frequento il I^ dell'Istituto Tecnico Commerciale Vittorio Bachelet di Copertino. Spero ke vi piaccia, cmq se nn è così accetto volentieri suggerimenti e consigli x migliorarlo.



Bacioni Mary!!!!!!!!!!

venerdì 27 aprile 2007